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- Di Redazione BoLab
L'industria della moda è responsabile del 20% dell'inquinamento delle acque reflue globali, dovuto ai processi di tintura e finissaggio dei tessuti, oltre che di un consumo di acqua elevatissimo: basti pensare che per una maglietta in cotone occorrono 2.700 litri d'acqua, abbastanza per il fabbisogno di una persona per due anni.
Il fast fashion è una delle maggiori sfide ambientali del millennio, con effetti devastanti su consumo e inquinamento idrico, rifiuti e gas serra. Marchi come Zara, H&M e Shein producono abiti a basso costo, alimentando un ciclo insostenibile di consumismo che danneggia il pianeta. La logica alla base di questo modello produttivo è semplice: capi durevoli riducono gli acquisti e di conseguenza i profitti.
L'industria della moda è responsabile del 20% dell'inquinamento delle acque reflue globali, dovuto ai processi di tintura e finissaggio dei tessuti, oltre che di un consumo di acqua elevatissimo: basti pensare che per una maglietta in cotone occorrono 2.700 litri d'acqua, abbastanza per il fabbisogno di una persona per due anni. Le acque reflue, inoltre, contengono sostanze chimiche tossiche e microplastiche che contaminano per secoli riserve idriche, ecosistemi e oceani, danneggiando così la fauna marina e la salute delle comunità umane che dipendono da quelle stesse fonti per il consumo quotidiano.
Inoltre, la produzione di vestiti contribuisce a emissioni di vario genere: per esempio, un paio di jeans genera una quantità di CO2 pari a quella di un'auto che percorre 80 miglia. A questo si aggiungono 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili che finiscono nelle discariche o vengono inceneriti, con conseguente rilascio di diossine e furani nell'aria.
Per affrontare questi problemi, è necessario un cambiamento radicale nei modelli di produzione e consumo. Marchi come Patagonia investono nel riciclo e promuovono l'economia circolare. Tuttavia, anche i consumatori hanno un ruolo chiave: possono scegliere capi di qualità superiore o di seconda mano affidandosi a usato e "slow fashion", realtà affermate che promuovono capi duraturi e un consumo più consapevole. Insieme a politiche che incentivino l'economia circolare e il controllo delle azioni delle multinazionali, è possibile ridurre l'impatto ambientale della moda e creare un futuro sostenibile.