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- Di Redazione BoLab
Ad oggi il 60% delle spiagge italiane è occupato da stabilimenti balneari, mentre solo il 30% è accessibile come spiaggia libera, per lo più in aree meno turistiche.
Secondo un rapporto ISPRA, negli ultimi 20 anni l’Italia ha perso circa 5 km di costa naturale all’anno a causa della crescente costruzione di strutture artificiali. Anche le aree retrostanti le spiagge non sono immuni, con dune, vegetazione e terreni coltivati sostituiti annualmente da oltre 10 km di opere antropiche: ad oggi il 60% delle spiagge italiane è occupato da stabilimenti balneari, mentre solo il 30% è accessibile come spiaggia libera, per lo più in aree meno turistiche.
Questa privatizzazione massiccia ha ridotto gli spazi pubblici, minando il diritto dei cittadini all’accesso al mare e danneggiando gravemente gli ecosistemi costieri e marini. Le concessioni demaniali, spesso rinnovate automaticamente senza gare pubbliche o adeguate valutazioni ambientali, hanno favorito una cementificazione diffuso e la costruzione incontrollata di stabilimenti balneari, contribuendo all’erosione delle spiagge e alla perdita di biodiversità.
Associazioni come Legambiente e Italia Nostra chiedono una riforma del sistema attraverso gare trasparenti e un piano di decementificazione per ripristinare le spiagge. In risposta alle pressioni, la Corte di Giustizia UE ha ordinato una revisione delle concessioni per garantire trasparenza e libera concorrenza, bloccando i rinnovi automatici.
Tuttavia, il governo italiano ha prorogato molte concessioni fino al 2024, attirando critiche da parte dell'UE e delle associazioni ambientaliste, che vedono questa scelta come una protezione degli interessi economici a scapito dell'ambiente. Si rende dunque necessario un intervento urgente dello Stato per favorire una gestione sostenibile delle coste e tutelare l’ambiente e i diritti dei cittadini. Solo con politiche trasparenti e rispettose degli ecosistemi sarà possibile conciliare sviluppo economico e salvaguardia del nostro patrimonio naturale: si tratta prima di tutto di considerare le spiagge come un valore ecologico da preservare e non una risorsa al servizio dell’economia.